BHAGAVAD GITA

Le azioni non causano attaccamento in Me, né IO ho desiderio per i frutti delle azioni. Chi si identifica con Me e Mi conosce cosí, non é legato ai frutti delle azioni”.

Questo verso ammonisce i devoti a non essere attaccati alle azioni e a non rimanere spiritualmente inattivi; seguendo questa regola, tutti gli esseri umani potrebbero rimanere sulla terra, recitando sul palcoscenico della vita, senza attaccamento o agitazione mentale le parti di piacere e dolore, prosperitá o povertá, salute o malattia – come gli attori recitano le loro parti comiche o tragiche senza esserne toccati internamente.

Quando un individuo agisce con attaccamento, crea desideri e crea la propria parte invece di seguire il piano divino e la parte a lui assegnata dal Regista Cosmico, pasticciando cosí lo spettacolo cosmico e cacciandosi nella confusione, nel dolore, nell’insoddisfazione e nell’infelicitá.

L’uomo saggio contatta il Regista Divino nell’ufficio della meditazione, dove conosce i Suoi piani e le parti a lui assegnate. 

Per Dio tutto il creato é solo un hobby; perció i Suoi veri figli non devono vivere tragicamente la parte terrena, ma solo come un’attivitá temporanea. In questo verso Dio esprime chiaramente la Sua legge: “Chiunque dei Miei esseri umani, fatti a Mia immagine, voglia essere felice ed ottenere il Mio stato di completa realizzazione, deve compiere le azioni di questa rappresentazione cosmica senza desiderio per i loro frutti”.

Tutti i figli di Dio possono svolgere i loro ruoli limitati sulla terra e tuttavia rimanere coscienti della pienezza interiore, se scelgono di farlo.

Anche se ogni essere umano é potenzialmente un’immagine perfetta di Dio, tuttavia – per l’azione di maya (illusione) e della mente che fluisce verso i cinque sensi esterni di vista, udito, tatto, gusto e odorato – l’anima si identifica con i sensi fisici e i possessi, e sviluppa abitudini di simpatie e antipatie.

La maggioranza dei milioni di esseri umani nati sulla terra sono stati coscienti solo del corpo e dei suoi bisogni vitali. Si sono guadagnati da mangiare, provato il piacere e l’amore, procreato, e quindi sono morti nel totale oblío del vero significato della vita; ma si puó dire con certezza che tutti gli esseri umani – non importa quanto si perdano nei grovigli materiali e si credano prodighi ego mortali – sono tuttora potenziali déi immortali, e come tali devono riguadagnare la consapevolezza dei loro veri indelebili Sé di perfezione. Essendo déi potenziali, un giorno tutti gli esseri umani – non importa per quanto tempo rimangano legati alle rinascite dalle catene tortuose del cattivo karma – dovranno fare lo sforzo cosciente d’acquisire la liberazione, dopo essersi disillusi sulla possibilitá di trovare la vera beatitudine dell’anima nei falsi e impermanenti piaceri materiali. Alla fine tutte le anime troveranno quella libertá assoluta che hanno sempre posseduto come ereditá divina, e che avevano dimenticato perché legate alla materia dall’influenza dell’illusione.

Chi vede l’inazione nell’azione e l’azione nell’inazione ha discriminazione tra gli uomini; egli é unito allo Spirito, ha realizzato lo scopo di tutte le azioni (ed é libero)”.

Tutte le attivitá umane o portano verso l’esterno, accrescendo la coscienza dei sensi e del mondo, oppure portano internamente, allo sviluppo della coscienza dell’anima.

L’anima dell’uomo mondano, essendo attiva esternamente, viene incatenata ai continui desideri d’appagamento delle speranze, e questo causa le quasi interminabili rinascite che sono necessarie per placare i desideri mortali. L’uomo spirituale, invece, sa di non essere stato messo in questo mondo per rimanervi coinvolto e farsi prendere nella trappola della reincarnazione, ma di essere un’anima fatta ad immagine perfetta di Dio venuta sulla terra per recitare lo spettacolo divino dell’illusione e poi tornare al regno di felicitá infinita di suo Padre. Perció il fine di ogni attivitá deve essere la libertá e non la schiavitú.

L’uomo del mondo é un pessimo attore quando prende seriamente le parti tragiche assegnategli da Dio, invitando cosí guai e infelicitá. Se, ancora, un attore umano compisse i doveri assegnatigli da Dio sul palco della terra con un’attitudine mentale indifferente, non farebbe piacere al Regista Cosmico. Per compiacere Dio, l’attore umano deve recitare le sue parti con grande entusiasmo, ma nello stesso tempo dev’essere interiormente vigile per non farsi intrappolare personalmente in quei ruoli.

Agire per se stessi é la base di tutte le sofferenze umane. Prima di farsi coinvolgere nelle attivitá del mondo, ogni uomo deve pensare di non essere venuto sulla terra per suo desiderio, ma per decreto divino. Perció non deve abusare della libertá datagli da Dio agendo per se stesso e facendosi intrappolare in interminabili rinascite per esaudire i desideri inappagati. Al contrario, deve agire per Dio che lo ha mandato qui per attuare i Suoi piani e, dopo la realizzazione del piano divino, tornerá nel Suo regno.

AHÓ